Lidia. 16 anni. Un tratto di strada tra il parco e l’ultima fermata. Periferia est. Le cuffiette. La musica anni 80 che ha imparato ad ascoltare con il padre. Lidia cammina al centro di un’immagine. C’è il suo viso e il suo modo timido di provare a raccontare i suoi pensieri. I suoi sentimenti. C’è Sara che gesticola. Lo fa come se cercasse a scacciare il volo ravvicinato di fastidiosi insetti. A ronzarle dentro c’è la paura. La paura che questa volta è finita. Che non ci sarà più un’altra possibilità. Lidia le prende le mani. Le dice di tacere. “Smettila. Guardati. Se pure non dovesse tornare non sarà la fine”. Sara singhiozza. Rallenta. Ha gli occhi lucidi. Il fiatone. Come se avesse appena finito una lunga corsa. Lidia l’abbraccia. Non lo fa come una amica. Non come una sorella. Vorrebbe baciarla. Ma non osa. Lo desidera da sempre. Ma non è il momento. E forse, non lo sarà mai.
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