LA MUSICA

C’era rumore. Il ferroso rumore della rabbia. Misto all’acre sapore di una delusione. Non volevo vedere nessuno. Non volevo sentire nessuno. Io stessa avrei desiderato essere nessuno. Essere altrove. O mai esistita. Scelsi un elleppì. Un vecchio elleppì. Comprato prima che lo incontrassi. Quella musica esisteva già prima che lo conoscessi. L’avevo amata prima che lui avesse avuto un nome e un volto e un modo di parlare che deviò i miei giorni, i miei progetti, le mie aspirazioni.
Le prime note. Chiudendo gli li riaprì su paesaggi che pensavo smarriti per sempre. Che non pensavo potessi ritrovare, intatti, distesi, fermi su quegli spartiti. Quella musica mi restituì la lentezza. Respiravo. Lo facevo con lo stesso ritmo dei pomeriggi d’estate. La calma. Con calma lasciai che ogni nota mi scivolasse dentro come liquido incandescente. Le mani si riscaldarono. Anche il cuore ritrovò il suo più bel modo di battermi nel petto. Lontano da ogni paura, felice di essere vivo. Con forza. Con gioia.
La musica venne ad addolcire le mie spigolose espressioni graffiate dal rancore. Venne ad abbellire le lacrime: schegge di un sogno infranto. Le lacrime: mentre si sciolgono lungo le gote vaporizzano lo stesso dolore che le concepisce.
La musica tinge il dolore con tinte pastello. E non c’è più dolore. Svanisce lasciandosi dietro una scia nostalgica di ricordi. Solo questo. Addio Marco.
ED
GE

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