Fu nel momento in cui declamò l’ultimo respiro che le parole piansero disperate e le note incredule, struggendosi fuggirono, afone. Chi le avrebbe più intarsiate con voce di umana sacralità? Chi le avrebbe più incastonate in una composizione sottratta all’infinità del silenzio? Il poeta si è fatto poesia. La musica essenza mistica negli incensieri. Condannato a nascere nel giorno consacrato all’amore, dall’amore fu graziato. E rese grazie intonando in tutte le misure quel nobile sentimento.
E a noi superstiti taceranno tutte le canzoni che non ci saranno eseguite che, sappiamo, erano già tra le sue dita, in attesa di essere disvelate. A noi terrestri ci rimane il canto che riconosceva la meraviglia dell’inutile, la regalità di ogni miserabile giorno di terra e sudore. Più di ogni cosa ci rimane l’innocenza di chi non ha mai smesso, anche nella tormenta, di portarci in dono la bellezza dell’esistere. Qui. Ora. Ovunque. Sempre.