La pelle del demone che divora le mie ore ha la voce dell’angelo che consola. Lacrima disperata di Cabanel, dimora di umano risentimento e celestiale vendetta. Le parole trafiggono le tenebre; vene incandescenti si abbattono sul vuoto che scava trincee tra quello che devo e quello che sono. Così, profano le mie spoglie. Sulle macerie radica ancora il più bello dei fiori. Sulle versure inaridite cospira più forte e convulsa la brama di appartenere alla bellezza del creato e alle sue simmetriche ombre.