miglioramenti

Il sorridere del primario. Lo strizzarmi l’occhio della sua assistente. Entriamo nella stanza. Quarta porta a destra. Bianca, nel giallo pastello del corridoio. Il sole staglia ombre trasversali verso la parete di sinistra. Sul lato opposto l’ampia vetrata a picco sul parco interno del complesso ospedaliero. Ci avviciniamo alla scrivania. C’è una sedia che mi attende. Mi ci accomodo. Appoggio la borsa sul pavimento. Accanto al piede. Le mani sulle ginocchia. Emidio, un passo più in dietro, preferisce non sedersi. Il dottore sulla poltrona in tessuto azzurro mi chiama per nome. “Rita..”. Spalanca le braccia sul sottomano in pelle marrone. Ha una luminosità quel gesto che mi porta a una finestra che si apre e disvela la luce del mattino. L’uomo, sulla sessantina, si inclina lievemente verso il mio silenzio. Qualcosa di simile a un abbraccio. Poi, solleva la ribalta ed estrae il mio fascicolo. I risultati dei miei ultimi accertamenti.

Ci tiriamo dietro la porta. Appena siamo fuori Emidio mi stringe. Mi solleva. Piroetta con me tra le sue braccia. Ci infiliamo l’una nel sorriso dell’altro. Mi asciuga con il dorso dell’indice la lacrima appena reclinata dalle ciglia. “Festeggiamo?”. Glielo chiedo così, come se fosse la battuta più attesa di tutto il copione, con voce appena ridipinta nelle tonalità della primavera, con le mani che intanto si cingono al suo collo magro e ritto. “Si, certo… credo che sia proprio il caso… te lo meriti… Lampari della Fortezza?”. Mi propone un ristorante fuori badget a picco sul mare, sulla terrazza di un antico forte all’ingresso del porto. Sorvolo sul tema costi. “Ma se è necessario prenotare con almeno una settimana in anticipo?”. Lui tace e sorride con una nota sinistra negli occhi e retrogusto di bighellonata nell’arco delle sopracciglia. “Hai già prenotato?… Hai già prenotato!…E se fossero stati deludenti?”. Mi prende sottobraccio e ci incamminiamo verso gli ascensori. “Avrei disdetto. Cosa avrei potuto fare? Ma, ero certo che stavi migliorando. Lo avvertivo. Ho visto il tuo corpo cominciare a riappropriarsi delle sue forme. Ho colto nella tua voce estensioni che mi hanno riportato all’estate in cui ti ho incontrata. Ed è stato come incontrarti di nuovo e, come allora, ho capito che qualcosa di bello stava per accadere”.

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