Il mio corpo mutevole. Per te. Per chiunque tu sia. Per te che rovisti avidamente dentro di me. Io sono il tuo universo. Io sono la ragione per cui tu esisti. Vuoi veramente condurmi al collasso? Vuoi davvero corrodere ogni mio spazio vitale. Nel mio declino è scritta la tua fine. Mentre avanzi, arretra anche la tua speranza di vita. A chi conviene? Perché non raggiungiamo un accordo? Ti concedo parte delle mie lande. Tu concedimi ancora le stelle e un risveglio lentissimo nel manto traslucente di un mattino che attraversa le tende tirate sulla finestra.
Mi prenderò cura di te. Tu imparerai a concedermi piacevoli brezze sul patio. Difenderò il tuo perimetro. Tu amerai i miei confini. Ci ameremo nei rovesci di una canzone, negli anfratti del vocio del centro commerciale. Nello stallo millimetrico tra il punto e la maiuscola. Nell’infinitesimamente piccolo, senza il quale l’immensità non esisterebbe. L’intervallo inesistente tra le note. Lo spazio piccolissimo nel quale una successione di suoni diventa armonia. Ci troveremo qui: lontano da chiunque e ovunque. Soli con noi stessi e mai più estranei a se stessi. Solo qui e mai altrove.
Sarai nei miei passi. Sarò nei tuoi gesti. Senza che se ne accorga alcuno. Senza che se ne parli in giro. Il mio corpo mutevole. Cambia per te. Perché tu sopravviva e io possa vivermi ancora. Impareremo a essere felici del nostro amore per procura. Di questo incontro forzato. Scopriremo che è possibile coesistere ognuno con la propria incompatibile voglia di vivere. Ci ameremo in questo modo privilegiato: senza che nessuno ne resti ucciso.