C’è un posto, in questo quartiere, dove sorridere mi riesce meglio. Un’erba aromatica cresce spontanea sulle rocce inviolate di un insolente dirupo. Seduta con i piedi che non toccano terra. Un muretto bianco, sospeso tra due file invalicabili di palazzi. E l’asfalto, di sotto, si addentra nel racconto incompiuto di una strada senza uscita. Sul confine, tra l’attesa e il tuo nome, audaci filamenti di una sottile essenza dissipano il grigio malumore di questa periferia con sfumature leggerissime di malva.
