SOUVENIR

Una strada. Stretta tra le pareti bianche di antiche costruzioni. Tra la piazza dedicata al santo patrono e il grembo di un’insenatura naturale che ospita il porto.  Ad est una torre d’avvistamento. Ad ovest l’imponente profilo di un castello federiciano. Nel mezzo, i colori vivaci di piccole imbarcazioni. Il vento tiene i gabbiani in equilibrio, immobili, con le ali distese, in bilico sui pontili. Sulle terrazze assolate lo sventolare dei panni stesi ad asciugare. Le cime di alberi secolari che in punta di piedi affiorano da cortili accovacciati in un’ombra perenne. Campane che cospargono di rintocchi ogni singolo discorso.  

Le ultime vacanze in questa remota località del sud. Rifugio di pescatori. Dimore di speranze. Madri affacciate alle finestre. Ogni partenza una preghiera e una cena da preparare.  Mogli alle ringhiere di balconcini fioriti. Attendono il ritorno di un uomo al quale annunceranno che sta per diventare padre.

Il profumo delle grigliate di pesce spada. L’oro di un calice di moscato secco. Il suono passionale di una fisarmonica.  Un cielo affrescato con i colori del tramonto.

Un cappello di paglia. Il nastro blu. Lo hai comprato dal negozio di souvenir all’angolo. Le mani rugose di un anziano ricurvo lo hanno appena finito di intrecciare. Gesti secolari, scanditi dal ritmo bisbigliato di una canzone della tradizione contadina. Rincorri con un sorriso la voce di un bambino. Inciampi nella risata di una ragazza. Ti prendo per mano. Indichi i tavolini all’aperto di un ristorante tipico. Prendiamo posto. Vista mare. Buona cena.

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