Odio quando devono cambiare programma. Odio quando decidono all’ultimo momento. Disdicono. Rinviano. O anticipano. Odio quando te lo comunicano solo perchè hai chiamato tu. Per scrupolo. Solo perchè hai chiamato tu per avere conferma dell’orario. Altrimenti non ne avresti saputo nulla.
Sto correndo verso casa. Marco è già da quelle parti. Preferisce che ci si veda da me. Io ero convinto che sarei dovuto passare dal suo studio. Più tardi ha un altro appuntamento in zona. Non gli conviene tornare in centro e poi spostarsi di nuovo verso il mare.
Ci ho provato.
– Rinviamo?
– No. Meglio vederci stasera. Domani parto per un convegno. Sarò fuori tutto il finesettimana. Poi ho deciso di rimanere a Vetta Verde per qualche altro giorno. E’ un po’ di tempo che io e Maria non ci prendiamo una pausa. Facciamo oggi. E’ meglio. Voglio affidare subito il tuo lavoro ai miei progettisti. Non voglio farti perdere tempo.
Odio quando devono far passare una loro esigenza nel fatto che ti stanno facendo un grande favore. E lo fanno perché sei tu. Solo perché sei tu.
Ma siamo amici da non so più quanti anni. Marco lo conosco dall’epoca delle infinite pertite a calcetto e delle nottate passate a girare per la città fino ai primi sussulti del giorno nuovo. Lo manderò a quel paese. Ma già so che finirà in una risata e una birra ghiacciata.
Percorro tutto il lungomare in sella al mio scooter. Velocità oltre i limiti. Parole di rabbia contro il semaforo che mi sbatte in faccia un rosso irriverente. E per chi va lento. Lento. Lento. Fatti da una parte almeno. Lasciami passare. Zig Zag. Zig Zag. Zig Zag. Tra un auto e una bicicletta. Un bus e un’altra moto. Devo sembrare davvero un pazzo perché ogni tanto vedo qualcuno che si ferma ad osservare il mio passaggio. E poi solleva la mano con il palmo verso l’alto. “Ma guarda un po’ quel folle”. Vedo pedoni impauriti che non osano mettere il piede giù dal marciapiede. Uccelli che prendono il volo appena intercettano il brontolare motorizzato del mio scooter. Scusatemi. Scusatemi tutti.
Giro la chiave. Tre mandate. Serratura europea. Sono riuscito almeno a rinviare l’appuntamento di mezz’ora. Non ero preparato a ricevere qualcuno in casa. O meglio, era la casa che non era pronta. Il pigiama sul divano. Il letto da rifare. La caffettiera da ripulire. La tazza della colazione da mettere in lavastoviglie. Fogli sparsi ovunque. Briciole tra la mia poltrona preferita e il mobile del televisore. Sembra l’abitazione di chi è dovuto fuggire via. Un’evacuazione. Un allarme bomba. Via, via, abbandonate questo stabile.
L’appartamento è stato chiuso tutta la giornata. Spalanco finestre e balconi. Come se dovessi urlare egoista. Come una delle ragazze della pubblicità. Il mare. Fuori. Oltre le inferriate dei balconi. Il mare che si vede da casa mia è quello che bagna la riviera di levante. La zona più nuova. Con i locali all’aperto e i lidi. Sul versante opposto alla riviera sulla quale si affacciano gli uffici della CtrlG. Dall’altra parte di questo sottile filo di terra che si addentra nel mare, fino al faro.
Il citofono. Nascondo in un cassetto tutti i fogli e mi avvio verso la porta. Perché tutto questo affanno se conosco Marco da una vita ed è risaputo che sono un gran disordinato? Perché Marco non fa mai i suoi sopralluoghi da solo. Si fa affiancare sempre da un suo collaboratore. E non vorrei che la mia fama sia così popolare. Non mi piace stare sotto i riflettori del successo. Preferisco una fama ristretta. Di nicchia. Per pochi prescelti!!! Per pochi buoni intenditori!!!
Le note dell’ascensore che arriva al piano. Apro la porta. Marco… Lucia… Imbarazzo… Millesimi di secondi interminabili… Riesco ancora a respirare?… Riemergo da questo stato di apnea e li invito ad entrare…
Marco si è fatto accompagnare dalla mia ex fidanzata? “Spero non sia un problema?”, mi sussurra passandomi di fianco, svoltando gli occhi verso Lucia e conficcandomi l’indice in un fianco.
- Non sapevo che fosse casa tua. Me ne sono accorta solo quando Marco ha messo il suo dito sul tuo nome.
- Nessun problema. Benvenuta. Non eri mai stata qui.
Provo a nascondere l’imbarazzo. Non sono un bravo attore, avranno sicuramente avvertito il mio disagio. E poi, che osservazione inutile: come poteva essere stata qui se abbiamo rotto prima che mi trasferissi?
Non mi dà fastidio rivedere Lucia. Non è la prima volta da quando abbiamo chiuso. Ma così, all’improvviso, non mi era mai capitato. E a casa mia! Nel mio soggiorno. Nella mia nuova intimità. Non me lo sarei aspettavo. Non avrei mai immaginato che potesse accadere. Ma le cose accadono. Accadono e basta. Mica le puoi immaginare. Progettare. Accadono quando lo decidono loro. Quando tutte le coincidenze si allineano e nulla può essere diversamente. E nulla puoi fare perché non avvengano.
- Prendiamo qualche misura.
- Fate con comodo.
Evito di dire “come se fossi a casa tua”. Non vorrei lo prenda come un invito a pensare ad un possibile presente insieme. Ad una proposta di ritorno al passato. Ad un approccio disperato.
Marco si aggira per casa con il suo giocattolino a raggi laser. Lucia prende appunti. Marco si appoggia ad una parete e punta il raggio sulla parete opposta rilevando la lunghezza degli ambienti.
- Fate con comodo. Io sono qui. Se avete bisogno mi chiamate.
Fingo di essere indaffarato in cucina. Sposto cose senza alcuna logica. Da qui, lì. Da lì, qui. Ecco sta meglio qui. Anzi no sta meglio dove era. Cerco di far sgattaiolare il mio pessimo udito tra le stanze della zona notte, provando a captare le voci di Marco e Lucia. Eccola. Esclama numeri. E qualche altra cosa che non capisco.
Che nostalgia quella voce. Chissà se fa ancora la speacker per Radio Insula! Come era bello quando mi raccontava delle sue giornate. Che nostalgia quella voce. Quando pronunciava il mio nome.
Insomma, ad un certo punto, non riesco più a starmene in disparte. Mi affaccio in corridoio. Li raggiungo mentre escono dallo studio ed entrano in camera da letto.
- Come va?
- Bene, finiamo il giro in camera da letto e poi diamo uno sguardo al terrazzo. Hai intenzione di cambiare qualcosa anche fuori?
Marco e Lucia. Chiudo la porta mentre entrano in ascensore. Lo smartphone? Eccolo. Sul tavolino basso davanti al divano. Tra l’ultimo numero di Internazionale, il numero 4 di Valentina e un libro con le opere di Alex Katz. “Potevi almeno avvisarmi che saresti venuto con Lucia”! 😡 !!!”
…
…
…
Prima spunta. Mandato.
Seconda Spunta. Ricevuto.
E mi coglie un tremendo dubbio. Avrei dovuto aspettare un po’ prima di inviare questo messaggio. Ora sarà ancora con lei. Spero abbia la decenza e la clemenza di non leggerlo e commentarlo mentre sono ancora insieme. Conoscendolo, c’è una buona probabilità che vada proprio così.
Le spunte si colorano di blu. Il dubbio diventa certezza!