Senza nemmeno accorgersene, senza preavviso, Lory si ritrovò dentro quella vetrina. Aveva attraversato la strada, mossa da un richiamo sconosciuto. Apparentemente senza ragione. D’istinto. Dall’altra parte del corso principale aveva intuito quella particolare tonalità di verde che ama tanto indossare. Si intona con il nero dei suoi capelli. Si intona con il senso di libertà che dimora nel suo animo. Davanti ad un manichino senza volto. Sovrappone il suo sorriso all’ovale di vetroresina bianco. I manichini non hanno un volto, ne hanno cento, mille, tutti i volti di chi fermandosi a guardarli immagina di indossare il vestito che stanno esibendo. Senza esserne consapevoli. Ignari veicoli di un sogno. Quel pomeriggio Lory non era uscita per fare spese. Era stata al centro analisi. Aveva appena ritirato i risultati. Era tutto nella norma. “Michele, tutto bene. I valori sono rientrati… Ti raggiungo allo studio. Passo prima dalla mamma. Ah, ho comprato un vestito nuovo!”.

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